L'ascolto del minore ai sensi dell'art. 473-bis.8, comma terzo, c.p.c., non è obbligatorio, ma è riservato alla valutazione del curatore speciale, ove ne ravvisi la necessità, in funzione strumentale all'incarico di rappresentanza processuale ricevuto e nei limiti di questo.
Lo afferma la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 5754/2025. Il provvedimento della prima sezione civile è stato depositato lo scorso 4 marzo.
Il tutto, affermano i giudici di piazza Cavour, deve avvenire nel superiore interesse del minore, in relazione alla specifica vicenda giudiziaria di cui è parte sostanziale, secondo i limiti fissati dall'art. 473-bis.4 c.p.c. ivi richiamato (età, capacità di discernimento, contrasto con l'interesse del minore, manifesta superfluità, impossibilità psichica o fisica del minore, volontà di non essere ascoltato), senza che il mancato espletamento dell'ascolto da parte del curatore speciale sia accompagnato da sanzioni.
Come già rilevato in precedenti arresti giurisprudenziali, l’ascolto da parte del Curatore Speciale ex art. 473-bis.8, terzo comma, c.p.c. si connota come esplicazione del diritto del figlio minore ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardino, ma proprio perché inerisce esclusivamente ai compiti di rappresentanza processuale del minore non diviene un incombente obbligatorio, né è assimilabile, per funzioni e per disciplina, all'ascolto del giudice, il quale, peraltro, non costituisce adempimento da eseguire in via automatica non essendo un atto istruttorio o burocratico. È, invero, esercizio di un diritto, sottratto alla disponibilità delle parti e garantito dal giudice, che è tenuto a rendere una motivazione esplicita e puntuale soltanto in caso di totale omissione o di richiesta in tal senso proveniente dal Curatore Speciale del minore.